Articolo di Giorgio FANELLI
“T’ho udito spesso, nel vegliarti accanto nei tuoi sonni leggeri, mormorare di scontri ferro a ferro, dar ordini al focoso tuo destriero gridando: ‘Avanti, in campo!’ […] Era l’animo tuo a farti guerra e ad agitarti tanto da farti stillar gocce di sudore giù per la fronte, come bolle d’aria sul pelo d’acqua d’un torrente in piena […] E sul tuo viso strane contrazioni, come vediamo in chi trattiene il fiato per qualche grave improvviso comando” (W. Shakespeare, Enrico IV, atto II scena III).
PTSD – Cos’è?
La parola “trauma” ritrova la sua radice nel greco “traumatikos” “ciò che concerne le ferite”: vi è quindi un riferimento ad un agente “altro” che produce danno al soggetto. Al riguardo, appare necessario sottolineare come trauma e stress non siano sinonimi e non siano in un rapporto di continuità tra loro; sono costrutti storicamente e qualitativamente differenti. Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) associando trauma e stress può indurre, in particolare nei non specialisti, un errore interpretativo, influenzato anche dalla traduzione italiana del DSM IV che propone il “Disturbo Post-Traumatico da Stress”, generando così una semplicistica associazione stress e trauma. Date le giuste premesse, analizziamo ora storicamente la nascita del Post Traumatic Stress Disorder e come va correttamente inteso.
Il sistema nosografico americano, con il DSM-I (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – first edition, 1952), propone per la prima volta la diagnosi di “Gross Stress Reaction”. È in tale contesto, che fa la comparsa il significante “stress” nella nosografia psichiatrica, seppure il concetto applicato alle scienze umane e mediche, avesse già un storia consolidata (tratteremo accuratamente l’argomento in altro post). In seguito, nel 1968, in piena guerra del Vietnam, per motivi scientifici indubbiamente correlati anche alle politiche di risarcimento del danno e assicurative in forte aumento a causa della situazione bellica, la diagnosi di “Gross Stress Reaction” venne eliminata dal DSM-II. Questa tipologia di disturbi troverà una forma più attuale nel DSM-III (1980), con la diagnosi di PTSD (Post-Traumatic Stress Disorder) estendendo, di fatto, i casi diagnostici anche alle situazioni della vita civile. A partire da qui, e in modo sempre più preciso con il DSM 5, l’evento traumatico, vissuto in modo diretto o indiretto, assumerà la centralità che merita nella patogenesi del disturbo e lo stress consisterà principalmente nel pesante residuo sintomatico dal quale il soggetto sofferente non riesce a liberarsi, nonostante l’evento sia passato, talvolta, da molto tempo.
In generale, ciò che permette un efficace e utile superamento dell’equivoco “trauma e stress” è la considerazione degli Eventi, in particolare quelli gravi e improvvisi, come Potenzialmente Traumatici (Eventi Potenzialmente Traumatici). Sono eventi spesso imprevedibili, spaventosi e lesivi dell’integrità soggettiva, che possono evocare reazioni emotive intense ed inusuali in grado d’interferire in modo significativo ed invalidante, con il normale funzionamento cognitivo, affettivo, sociale e lavorativo dell’individuo. L’evento è stato traumatico quando il soggetto non è più quello di prima. Vi è stato appunto “trauma”, rottura. Se è vero che il trauma, per il suo carattere soggettivo e contingente, non può essere predetto, è altrettanto vero poter affermare che si può lavorare sulla consapevolezza personale e del contesto e sulla gestione dello stress, per innalzare le personali capacità di interpretazione e risposta (integrazione) agli Eventi Potenzialmente Traumatici (Difesa Soggettiva e Organizzativa). E’ in tale ottica che le organizzazioni, in particolare quelle militari, paramilitari e di polizia, sono sempre più chiamate a interrogarsi profondamente sulle questioni relative al traumatismo e alla gestione dello stress, al fine di integrare attivamente le conseguenze delle dinamiche lavorative e di servizio, molto spesso foriere di eventi potenzialmente traumatici, nelle politiche di prevenzione, formazione e gestione. Il contesto militare infatti è singolare: M.W. Segal parla delle organizzazioni militari, così come delle famiglie, definendole “Greedy Institutions”, Istituzioni voraci, avide (Mady W. Segal, The Military and the Family As Greedy Institutions, «Armed Forces & Society», 13, 1, 1986). Esse, infatti, presuppongono un impegno totalizzante, che richiede dedizione completa e senza risparmio, fino l’estremo sacrificio.
PTSD – Cosa fare?
Il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), può produrre molti e diversificati sintomi tra i quali depressione, insonnia, flashback, bassa autostima e molte emozioni e pensieri dolorosi, spiacevoli e insopportabili. Può portare a rivivere costantemente l'evento o a perderne del tutto il ricordo.
Quando si soffre di questo tipo di disturbo può sembrare che non si potrà mai riavere indietro la propria vita. Tuttavia, il PTSD può essere curato! La psicoterapia e i farmaci, spesso in associazione, hanno dimostrato di poter funzionare molto bene, nell’attenuazione o nella risoluzione del disturbo. L’unica vera cosa da evitare, invece, sono le terapie e le soluzioni fai dai te (per esempio droghe e comportamenti nocivi), cercare di nascondere il proprio disagio, o peggio ancora respingerlo per sentimenti di vergogna (stigma).
Bisogna rivolgersi rapidamente e con fiducia a psicoterapeuti esperti del settore! Questa è la migliore strategia per venirne fuori velocemente, per integrare quello che è successo nella propria esistenza, dargli un significato inedito, autentico, soggettivo e ripartire, semmai, più forti. Se può essere vero che, dopo un trauma, la propria vita possa non essere più quella di prima, è altrettanto vero e possibile pensare di poterne uscirne più consapevoli, con minor disagio e, perché no, migliorati (crescita post traumatica).
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